Convegno TransAME. Identità di Genere – Sentire di appartenere al genere opposto a quello assegnato alla nascita.
Si parla di disforia di genere quando una persona non si riconosce nel sesso assegnato alla nascita. Delle persone transessuali spesso, per semplificare, si dice nati in un corpo sbagliato ma, per fortuna, non è così. “Il corpo di una persona transessuale non ha nulla di sbagliato, spiega Roberto Castello, endocrinologo, gruppo di lavoro sulla disforia di genere AME, Associazione Medici Endocrinologi, nell’introdurre il convegno “TRANS-AME Trattiamo Il Genere” che si apre domani 12 ottobre a Milano con il patrocinio del Comune di Milano. È una definizione che esprime il disagio che la persona transgender prova fino al momento in cui non riesce ad avere l’aspetto fisico considerato più coerente con il proprio vissuto; tuttavia ciò che viene percepito come “sbagliato” non è “tutto” il corpo. Oggi che gli interventi chirurgici di riattribuzione chirurgica del sesso non sono più obbligatori (sentenza della Cassazione 15138 del 20 luglio 2015) per essere riconosciuto nel genere al quale si sente di appartenere e ottenere il cambio di identità sui documenti, si assiste sempre di più alla volontà delle persone trans di mantenere inalterati i propri genitali, verso i quali spesso non provano alcun disagio. Forse è un fenomeno meno conosciuto ma esistono persone transgender non medicalizzate che quindi vivono nel genere al quale sentono di appartenere pur non assumendo alcuna terapia ormonale.
L’accettazione complessiva del proprio corpo è importante per mantenere un contatto positivo con il proprio corpo anche perché gli interventi non consentono di giungere alla stessa mascolinizzazione o femminilizzazione come se si fosse donne o uomini cisgender, e perché ci sono caratteristiche anatomiche che qualsiasi terapia ormonale (o chirurgica) non è in grado di modificare e con le quali la persona deve fare “pace” se non vuole rischiare di passare la propria vita in una sala operatoria rincorrendo un sogno irrealizzabile. Infatti, ad esempio, le mani non saranno mai sufficientemente femminili o maschili, o le spalle non potranno mai essere abbastanza larghe o la vita difficilmente quella di vespa ecc. ecc., entrando in un vortice alquanto pericoloso per la salute. Il limite della transizione, che non va ignorato se si vuole ottenere un certo benessere psico-fisico, è che questa non può per magia regalare un corpo “giusto” ma permette “solo” di modificare alcuni aspetti che si sentono più critici del corpo al quale è necessario imparare a voler bene, e accettare, esattamente come per qualsiasi altra persona. Infine, va anche chiarito che le persone transgender non sono malate: l’OMS sta per rimuovere l’identità transgender come disturbo mentale dalla sua lista globale di condizioni mediche”, conclude Castello.
Una nota curiosa: nella nostra società maschilista la transizione porta dei “vantaggi sociali” alla persona che da femmina assume l’identità maschile (FtM, female to male); mentre al contrario chi nasce maschio ed acquisisce un’identità femminile (MtF, male to female) ne acquisisce anche tutti gli “handicap” di genere.
“Così come il ruolo delle associazioni dei malati è ormai generalmente acquisito, prosegue Stefania Bonadonna, coordinatore del gruppo di lavoro AME sulla disforia di genere, a maggior ragione svolgono un ruolo fondamentale gli sportelli trans: oggi oltre quello a Milano esistono quelli di Bologna, Verona, Salerno, Reggio Calabria, Torino, Firenze e Genova che offrono sostegno, supporto e assistenza per affrontare le questioni legate alla transizione e alla vita quotidiana, nonché servizi di accoglienza e accompagnamento, consulenza psicologica, counseling telefonico, counseling per parenti e amici di persone transgender e consulenza legale.
Avere almeno un centro di riferimento a livello regionale, dove le persone trans possono trovare un team guidato dall’endocrinologo, ma completo di tutte le competenze degli altri specialisti (ginecologo, psicologo, urologo, chirurgo, ecc.) è importanti anche per far fronte al grave problema dell’automedicazione, conclude Stefania Bonadonna. Il passa parola, informazioni trovate on-line, terapie fai da te, sono molto pericolose perché fatte senza alcuna consulenza medica e fuori dagli opportuni controlli periodici necessari per rimanere in salute. Qualsiasi intervento, dalle terapie ormonali agli interventi chirurgici, deve essere fatto solo con la piena consapevolezza di cosa comporti il percorso di transizione, soprattutto perché si tratta di terapie mediche e chirurgiche irreversibili”.
“Come associazione che riunisce gli specialisti in endocrinologia, spiega Vincenzo Toscano, presidente AME Associazione Medici Endocrinologi, abbiamo su tutto il territorio nazionale una rete di professionisti endocrinologi che hanno acquisito esperienza nel trattare i problemi legati alla disforia di genere. Stiamo selezionando altri centri, almeno uno per ogni regione, che attraverso una formazione specifica possano diventare un riferimento dove le persone trans possano trovare risposte a 360 gradi.
Con il tempo siamo diventati il riferimento per gli sportelli trans e per tutte le persone che affrontano questo tema: con le persone transessuali siamo riusciti a costruire un cammino che consente anche a noi endocrinologi di essere meglio informati sulle loro specifiche difficoltà e, in questo modo, siamo in grado di informare sulle terapie e gli interventi più appropriati per ogni singolo caso.
È un impegno importante che vogliamo costruire insieme alle associazioni trans e anche attraverso un’opera di sensibilizzazione delle Istituzioni perché possano essere trovate soluzioni a tutte le problematiche che queste persone si trovano continuativamente ad affrontare ”, conclude il presidente.
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