Ad uso e consumo dei giornalisti e delle giornaliste di Bergamo e non. A seguito dei tristi fatti di cronaca nera occorsi qualche giorno fa a Villa D’Adda non potevamo esimerci dall’inviare questo comunicato stampa che prova in maniera molto sintetica a fare un po’ di chiarezza sui termini che sarebbe opportuno utilizzare in questo caso (ed in moltissimi altri). Il peso delle parole
La Carta dei doveri del giornalista attribuisce al giornalista “il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza e non discriminare mai nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche”.
Nella maggioranza delle persone il sesso biologico e l’identità di genere coincidono, in altre no. Le persone transessuali e transgender sentono di appartenere al genere opposto a quello a cui le assegnerebbero i loro caratteri sessuali e in molti casi decidono di modificare la conformazione dei propri genitali attraverso l’iter di riassegnazione chirurgica del sesso. In Italia questo iter è regolato dalla legge 164 che esiste dal 1982.
È corretto parlare di persone transessuali Female to Male (FtM) quando è una donna biologica che transita verso l’identità maschile e di persone transessuali Male to Female (MtF) per gli uomini che compiono il percorso opposto, verso l’identità femminile.
Quando si fa riferimento ad una o ad un transessuale è bene partire dal modo in cui lei o lui preferisce definirsi, per rispetto delle differenze che esistono nei modi in cui gli individui affermano e comunicano la propria identità di genere e di conseguenza accordarne la grammatica.
Viado è un termine di origine brasiliana che viene frequentemente impiegato nelle cronache in riferimento alle persone transessuali che esercitano la prostituzione sulle strade. Nella lingua madre, nasce come contrazione di transviado, che significa “deviato“, “pervertito” e contiene quindi una connotazione fortemente dispregiativa. Connotazione che ha mantenuto anche nell’uso italiano, nonostante la perdita del riferimento diretto alla forma originaria. È consigliato perciò l’uso dei termini “persone transessuali” o “persone transgender” quando si descrive il fenomeno in termini generali e non specifici.
Arriverà il tempo in cui il rispetto per la persona, per l’individuo e la sua soggettività torneranno ad essere un elemento portante della società? Non esistono parole sbagliate, esiste un uso sbagliato delle parole. Per un ulteriore approfondimento della questione rimandiamo al sito “Parlare Civile” e alle “Linee guida per un’informazione rispettosa delle persone LGBT” scaricabile nella sezione “Risorse Utili”
Rompiamo il silenzio – Bergamo
Arcilesbica XX Bergamo
Bergamo contro l’omofobia
Proud 2Be – Gruppo Giovani Arcigay
Arcigay Cives Bergamo
Sportello Trans ALA Milano Onlus